Questa è la storia di un uomo che cade
da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro,
il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a
qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma
l'atterraggio.
(Hubert)
Ultimo piano. Attico con vista sulla città. Il
vento corre sulle guance. I brividi solleticano la pelle. Il cuore è fuori dal
petto. Le mani non sanno dove stare. La testa non trova una posizione.
Lo sguardo è immerso nell’orizzonte, profili di
palazzi senza curve, solo spigoli, solo linee rette, solo rigidità. Le cupole
paiono essere tutte state bombardate, non s’intravede un campanile, una
panciuta protuberanza, uno spiraglio di morbidezza.
Da ragazzina sognavo tutte le notti di salire su
una torre. Arrivata in cima, mi sedevo sulla ringhiera a prendere fiato e a
respirare a pieni polmoni e poi mi lasciavo cadere nel vuoto. Mi lanciavo
all’indietro senza paura, senza il timore di sbattere sul marciapiede, non so
perché ma ho sempre avuto la sensazione che qualcuno mi avrebbe salvato, e così
è sempre stato. Rimanevo sospesa a mezz’aria, come se sapessi volare, con la
luna che mi guardava sotto alla gonna. Agganciata a un filo di vento,
svolazzavo nel vuoto, mi dondolavo e non avevo paura di cadere, mai.
L’adolescenza ha la grande fortuna di farti sentire invincibile. Nell’età
dell’innocenza riusciresti a danzare sul una corda sospesa tra due palazzi di
mille piani come se fosse la cosa più naturale del mondo. Superati i trenta le
cose diventano più complicate e la torre che prima ti sembrava uno gioco ora ti
sembra uno scoglio appuntito. Ciò che prima ti faceva sorridere ora diventa
come un masso pesante sulla schiena che ti schiaccia. Quella torre è sempre la
stessa di allora ma ora non riesci più a buttarti all’indietro perché il
fantasma del tuo salvatore è stato ucciso definitivamente. Ora uno scalino ti
sembra un dirupo e una pozzanghera, un fiume in piena e sai perché? Perché hai
la vita addosso. Quella vita bellissima ed emozionante che comunque ti ha
lasciato dei segni pesanti, ha prodotto ferite profonde come caverne, ha
tagliato e cucito lasciandoti cicatrici che ti porti addosso e che, nel bene o
nel male, non se ne andranno mai più.
Quelle scale che facevi correndo per salire
sulla torre erano un obiettivo al quale volevi arrivare in fretta e poi, una
volta raggiunto, ti lasciavi cadere, come liberata da un peso gigantesco. Ora
hai un peso enorme che non ti fa nemmeno salire le scale, figuriamoci buttarti
giù da una torre. Ora non hai la spensieratezza di quegli anni, ora rifletti
sulle cose, ci pensi troppo, e a pensare si sa, vengono tanti dubbi. Ora sei
grande Blue. Ora sai che il problema non è la caduta, quando cadi hai la
speranza che sotto ci sia un materasso, ma è affrontare l’atterraggio che ti spaventa,
è il dopo. Quel dopo che non ha margini di errore, che non ti racconta cosa
nasconde, che gioca a scappare veloce. Quel dopo che lascia l’amaro in bocca,
una volta in più, e una in più inaspettata. Un dopo che è come un’incognita
assurda che non vuoi affrontare, ma che sei costretto a sfidare a viso aperto.
Il dopo ti vorrebbe distruggere mia cara Blue, ma non ce la farà. E sai perché?
Perché dopo il dopo c’è qualcosa di speciale che si chiama luce, sole, vita,
emozione, sentimento. Non smettere mai di sognare mia cara Blue, anche se ti
sembra che i sogni facciano male.
Ricordati che l’atterraggio sarà più lieve se lo
guarderai negli occhi.
Attraverso le tue parole riesco a sentire il gusto amaro di una verità che non sempre sono disposta ad accettare!
RispondiPs: Anche tu sei stata una bella scoperta!! :)
S.