Molti pensano che sia stata la Lussuria a farci cacciare dal
Paradiso terrestre. Sbagliato. È stata la Gola. La reale colpa di
mademoiselle
Eva fu quella di perdere la
testa per il cibo, non per il sesso. Anche se, poi, qui potremmo parlarne e
aprire un capitolo su come questi due peccati siano direttamente legati l’uno
all’altro. Non c’è cacciata dall’Eden senza alimento che venga mangiato e non
c’è alimento che avvicinato e introdotto alla bocca non faccia immediatamente
pensare al suo valore erotico. Beh, certo se penso a una Melanzana la poesia mi
si sfuma, ma se poi ci ripenso meglio, anche la melanzana ha il suo perché
erotico che sfodera con il colore, la lucentezza della buccia, la morbidezza
interna che raffiora mentre l’addenti, lei con quel succo che fuoriesce quando
la si cucina e quell’acqua profumata che ricorda il liquido vaginale nel
momento di massima eccitazione. Vi ho convinto?
Ma torniamo a Eva e al paradosso della gola: il suo male non
sta nell’ingurgitare a sproposito troppo cibo, ma nel gustarlo così avidamente,
da concentrarsi sul piacere e non più solo sulla mera funzione di alimento.
Il peccato di Gola non è affatto un peccato innocuo, in lui sta
nascosto tutto un codice segreto, usato persino da Lucifero, per attirare gli
ingenui e condurli alle soglie dei gironi dell’Inferno. Il peccato di Gola
anticipa sempre il peccato di Lussuria essendo questi due maledettamente simili
ed eternamente legati. Non è forse vero che, in entrambe le situazioni,
lasciamo che un corpo caldo penetri il nostro corpo? Non è forse vero che,
prima di iniziare a mangiare, la nostra bocca produce un’importante quantità di
saliva per preparare al meglio le papille gustative, proprio come succede nel
sesso, dove la donna che sta per avere un orgasmo, ha una maggiore secrezione
vaginale, per consentire la penetrazione e prolungare il suo piacere? Mentre
mangiamo le nostre labbra si gonfiano e
divengono più scarlatte cosi come avviene per clitoride e pene durante l’atto
sessuale. Allora non vi ho ancora
convinti?
Prendiamo, allora, un frutto autunnale, ad esempio la
castagna. Immaginiamolo mentre è ancora avvolto dal suo involucro spinoso, non
ricorda forse il tempo della verginità, il tempo in cui proteggevamo
quell’ambito triangolino del desiderio dal lupo cattivo che era nascosto sotto
ai pantaloni di un uomo?. Poi togliamo le spine e ci ritroviamo un frutto che
sa di calore, di coperte e di foglie che cadono. Un frutto racchiuso in se
stesso e protetto da una buccia liscia e marrone che al tatto ci sembra la
morbida pelle di un pube. Un frutto del quale non percepiamo l’odore fin quando
non gli imponiamo un taglio in mezzo alla pancia e lo inforniamo. Un frutto che
custodisce tutti i segreti di due peccati che si daranno la mano in una fresca
estate di San Martino. La castagna è proprio come una donna, vergine prima,
calda e invitante poi. Compagna perfetta di notti passate a sussurrarsi parole
all’orecchio mentre lei, cuoce nel forno ed emana il suo odore inconfondibile che
si amalgama con il profumo dei capelli lavati e bagnati del vostro amante.
Complice dell’amore, la castagna, non soffoca gli istinti ma lì amplifica
facendosi caldamente mordere da denti avidi di passione. Se cucinata all’acqua
la si può succhiare, se messa in forno diventa caldarrosta e arrostisce gli
animi ribelli, se si trasforma in marron glasée “uno tira l’altro”e qui tutto
dire.
Consumata in una tiepida notte di Novembre, questo frutto,
diventa la scusa per peccare, diventa il pretesto per arrotolarsi sul pavimento
o tra le lenzuola, giustifica un’assenza compensata da una presenza imperante
che ha il sapore di proibito. La castagna è la scusante perfetta per
attraversare la notte, arrivare all’alba con il corpo che sa di saliva e arrivare
tardi a un appuntamento.
La castagna è erotica. Molto erotica, soprattutto se mangiata
in due.