mercoledì 2 luglio 2014

Ingabbiata da un biscotto al cioccolato


Il mio orgasmo inizia a tavola. Guardo. Tocco. Respiro. Sento e alla fine, che è inizio, introduco nella cavità orale, solo (spero) ed esclusivamente, qualcosa che mi darà piacere. Il cibo è sempre stato il mio modo di far capire se volevo fare sesso o se volevo mandare a fanculo qualcuno. Quando mangio non ho bisogno di parlare; sono le mani, gli occhi, la bocca che raccontano quello che desidero. Una cena è la cartina di tornasole tra una grande scopata o una gran rottura di didimi che si consuma tra persone che, o sanno troppo ciò che vogliono o non lo sanno affatto. A tavola si può oscillare tra l’impellente voglia di lanciare l’insalata condita con il limone in faccia a qualcuno, mostrando la  guerriera lancia-fiamme che è in te, o il sentirsi una vergine in gabbia con lo spasmodico desiderio di mangiare un biscotto al cacao brasiliano che si scioglie in bocca frammentando le sue briciole sul palato. Io, alla guerriera che scaglia foglie non sempre verdi di triste lattuga in faccia a un imbecille, preferisco la vergine ingabbiata in un orgasmo sensoriale multiplo dato da frammenti di Madelaine che si sbriciolano sulla lingua.

martedì 1 luglio 2014

Sai divulgare un segreto? Sussurralo al letto


E poi ti ritrovi a scrivere. Come sempre, bulimicamente assetata di parole, affamata di quell’urgenza che solo la scrittura sa colmare. Dipendente da quel foglio bianco che vuoi riempire.
Raccontare certe cose non è facile. Ma raccontarle quando le hai passate è una liberazione. Un inno alla vita. Si, perché la vita ti ha premiato con la vita, ti ha regalato quella felicità che si prova solo quando riesci ancora a rialzarti esclamando ce l’ho fatta. Lo sto scrivendo dalla mia scrivania e non più dal mio letto.

C’era una volta una bambina. Una bambina che ha fatto le scale per diventare grande. Una bambina che contava sempre quei ventuno scalini per arrivare in cima o per raggiungere la base di quelle scale che le sembravano sempre troppo ripide, sia verso l’alto che verso il basso. Una bambina diventata grande in un soffio di vento, lento oggi, un’eternità che non si consumava mai, allora. Il tempo che vivi da bambino è cementato. Non passa mai. Da grande, lo stesso tempo, è frusto. Rapido. Feroce. È come un tuono. Il tempo di ora, è un tempo alla velocità della luce. Tic. Tac. Il tempo di un bambino, è un tempo che suona le campane di mezzogiorno del sabato prima di Pasqua. Din Don. Din Don. Din Don.