Nel mezzo del cammin della mia vita mi ritrovai seduta a
un tavolo. Capita, quando si ha fame. Avevo una bottiglia di Brut Camossi in
corpo. Forse l'euforia dell'alcol mi aveva annebbiato la vista. Forse essere in
un'altra città, su strade sconosciute, sentire un accento diverso,
chiacchierare a meno due sotto ai funghi e una leggera pioggerellina mi aveva
fatto sperare che qualcosa sarebbe stato diverso. Forse le promesse, le parole
troppo inflazionate, la voglia di crederci ancora (a cosa poi) mi aveva illuso
che le persone potessero cambiare. Forse avrei potuto mettermi un sacchetto in
testa, cucirmi la bocca, bendarmi gli occhi ma tanto non sarebbe cambiato
nulla. Forse avrei potuto far finta di non vedere, non sentire, non annusare.
Avrei potuto far finta di nulla e andare avanti e tenermi le briciole di un
amore consumato, malato, affamato, feroce, ingombrante, estenuante.
sabato 30 novembre 2013
Non era amore ma era un calesse
Etichette:
Amore,
aspassoconblue,
Blue G,
Calesse
Reazioni: |
domenica 24 novembre 2013
Per fortuna che le bambine difficile diventano donne difficili
Sono nata in un piccolo paesino della bassa mantovana lungo
il cammino Matildico. Sono stata battezzata nel complesso Polironiano disegnato
da Giulio Romano, ho giocato tra le colonne di Palazzo Te e mi sono rifugiata
nella Sala di Amore e Psiche quando volevo sorridere delle scene erotiche che
raccontavano le avventure della favola di Apuleio. Sono nata in un piccolo
ospedale di periferia, mentre a Bologna c’erano le lotte studentesche e Deleuze
teneva conferenze al Dams. Mi ha tirato fuori dalla pancia della mia giovane
mamma (aveva compiuto da due mesi quindici anni) un medico bellissimo di
colore, tale Lalanne, che incontrai vent’anni dopo durante una visita
ginecologica. Sono sempre stata una bambina solitaria, amavo andare in
bicicletta sugli argini e rifugiarmi nelle case abbandonate ai bordi dei fiumi.
Mi rinchiudevo interi pomeriggi nei miei pensieri scrutando le fronde degli
alberi che venivano accarezzate dal vento. Rubavo i fichi e le more, andavo a
caccia di cachi e mangiavo pannocchie. Mi facevo la doccia sotto il getto che
innaffiava i campi e bevevo l’acqua dalle fontane dei paeselli che attraversavo
con la mia due ruote. Avevo otto anni la prima volta che scrissi i miei
desideri su un foglio e otto e mezzo quando capii cosa volevo dalla vita e cosa
avrei fatto da grande. Su quel foglietto, ancora custodito nella mia scatola
dei ricordi, scrissi che sarei stata una donna felice, che avrei girato il
mondo occupandomi d’arte e di cucina e che mai e poi mai avrei permesso a
qualcuno di farmi del male. Su quella carta ormai ingiallita, decisi di
scrivere il mio futuro, visualizzando il mio domani. Era un impegno che
prendevo con me stessa, fuori dalla sofferenza della separazione dei miei
genitori, dall’allontanamento di mia sorella e dalla crisi esistenziale che mi
si era presentata così presto.
Etichette:
Amore,
aspassoconblue,
Blue G,
donne con le palle,
Mantegna,
MANTOVA,
streghe
Reazioni: |
Iscriviti a:
Post (Atom)