Il mio orgasmo inizia a tavola. Guardo. Tocco. Respiro. Sento
e alla fine, che è inizio, introduco nella cavità orale, solo (spero) ed
esclusivamente, qualcosa che mi darà piacere. Il cibo è sempre stato il mio
modo di far capire se volevo fare sesso o se volevo mandare a fanculo qualcuno. Quando mangio non ho
bisogno di parlare; sono le mani, gli occhi, la bocca che raccontano quello che
desidero. Una cena è la cartina di tornasole tra una grande scopata o una gran
rottura di didimi che si consuma tra persone che, o sanno troppo ciò che
vogliono o non lo sanno affatto. A tavola si può oscillare tra l’impellente
voglia di lanciare l’insalata condita con il limone in faccia a qualcuno, mostrando
la guerriera lancia-fiamme che è in te,
o il sentirsi una vergine in gabbia con lo spasmodico desiderio di mangiare un
biscotto al cacao brasiliano che si scioglie in bocca frammentando le sue
briciole sul palato. Io, alla guerriera che scaglia foglie non sempre verdi di
triste lattuga in faccia a un imbecille, preferisco la vergine ingabbiata in un
orgasmo sensoriale multiplo dato da frammenti di Madelaine che si sbriciolano
sulla lingua.