Sono nata in un piccolo paesino della bassa mantovana lungo
il cammino Matildico. Sono stata battezzata nel complesso Polironiano disegnato
da Giulio Romano, ho giocato tra le colonne di Palazzo Te e mi sono rifugiata
nella Sala di Amore e Psiche quando volevo sorridere delle scene erotiche che
raccontavano le avventure della favola di Apuleio. Sono nata in un piccolo
ospedale di periferia, mentre a Bologna c’erano le lotte studentesche e Deleuze
teneva conferenze al Dams. Mi ha tirato fuori dalla pancia della mia giovane
mamma (aveva compiuto da due mesi quindici anni) un medico bellissimo di
colore, tale Lalanne, che incontrai vent’anni dopo durante una visita
ginecologica. Sono sempre stata una bambina solitaria, amavo andare in
bicicletta sugli argini e rifugiarmi nelle case abbandonate ai bordi dei fiumi.
Mi rinchiudevo interi pomeriggi nei miei pensieri scrutando le fronde degli
alberi che venivano accarezzate dal vento. Rubavo i fichi e le more, andavo a
caccia di cachi e mangiavo pannocchie. Mi facevo la doccia sotto il getto che
innaffiava i campi e bevevo l’acqua dalle fontane dei paeselli che attraversavo
con la mia due ruote. Avevo otto anni la prima volta che scrissi i miei
desideri su un foglio e otto e mezzo quando capii cosa volevo dalla vita e cosa
avrei fatto da grande. Su quel foglietto, ancora custodito nella mia scatola
dei ricordi, scrissi che sarei stata una donna felice, che avrei girato il
mondo occupandomi d’arte e di cucina e che mai e poi mai avrei permesso a
qualcuno di farmi del male. Su quella carta ormai ingiallita, decisi di
scrivere il mio futuro, visualizzando il mio domani. Era un impegno che
prendevo con me stessa, fuori dalla sofferenza della separazione dei miei
genitori, dall’allontanamento di mia sorella e dalla crisi esistenziale che mi
si era presentata così presto.
Ero una bambina difficile.
Una bambina con i capelli ricci e gli occhiali rossi sul
naso. Ero un genio a scuola, i libri erano l’unica cosa che mi dava serenità,
il fatto di rinchiudersi dentro a una storia mi faceva respirare, mi sentivo a
casa in ogni favola che leggevo, mi immedesimavo in principesse e mi lanciavo
dai ponti senza farmi male. I libri sono stata la mia salvezza e ancora lo
sono, con l’unica differenza che ora oltre a leggerli provo a scriverli. La mia
vita è stata un accumulo di sofferenze unite a gioie inenarrabili, ricca di
colpi di scena che, nel bene o nel male, mi hanno fatto arrivare fino a qui. Ma
se devo dirla tutta le cose brutte, il mio cervello le ha accantonate in un
cassetto e ha fatto in modo di dimenticarle per dare spazio a tutte quelle esperienze
meravigliose che mi sono accadute sul sentiero della vita. Ero una bambina
difficile, eccessivamente bella, quasi finta. Una bambina con gli occhi color
ghiaccio nascosti dalle lenti spesse, una bambina con i capelli color carota e
le tettine a punta. Una bambina troppo avanti per la sua età e troppo brava in
tutto, a scuola, a casa, nei rapporti sociali e nella vita di famiglia. Una
bambina decisamente al di sopra, che viveva nel suo mondo e lasciava tutto
fuori, una bambina spettatrice di un naufragio ma salva perché lontano e sul
molo.
Mi sono sempre sentita così, spettatrice della vita
disastrosa degli altri e al di fuori dei deliri che le succedevano intorno.
Vivevo in una sorta di campana di vetro, fatta di dipinti del Mantegna, colonne
giuliesche e architetture leonbattistiane.
Chiunque provasse a farmi del male trovava un muro impenetrabile, si scontrava
contro la rigidità di una bambina già adulta e rimbalzava come sopra a un materasso.
Sono sempre stata una bambina difficile perché la voglia di amare viveva in me
ma non veniva espressa perché costretta a rimanere dentro a un corpicino pieno
di ferite che cercavo di nascondere. Sono sempre stata una bambina difficile
con le idee chiare, con lo sguardo saldo verso una direzione, con il percorso delineato
e consapevole. Sono sempre stata una bambina che ascoltava musica brasiliana,
sognava di vivere su una spiaggia e sperava di scrivere bagnandosi i piedi con
l’acqua dell’oceano. Sono sempre stata una bambina che mangiava di nascosti i
fichi dall’albero della nonna, che faceva le crostate di marmellata e si
scaldava le manine con la stufa. Sono stata sempre una bambina coraggiosa, con
gli occhi pieni di entusiasmo e la voglia di scappare da non so bene cosa, ma c’è
sempre qualcosa o qualcuno da cui scappare, ma alla fine invece di scappare ho
affrontato in faccia il nemico, ci ho sbattuto il naso e se ho poteto ho tirato
fuori gli artigli e ho schiaffeggiato e anche tanto forte. Sono sempre stata
una bambina senza paura, una di quelle piccole guerriere travestite da
Cappuccetto Rosso, una di quelle piccine con la pistola nel cestino della
frutta, una nanetta con gli occhi verdi ghiaccio dalla grinta interminabile,
una bambina che sapeva ciò che voleva e sapeva già a otto anni che per avere
qualcosa bisogna sudarselo, i sogni si inseguono ma ad un certo punto si fanno
pure acchiappare. Sono stata una bambina dal carattere di ferro, stoica,
rigida, snob per certi versi, ma cazzuta, e porca miseria quanto lo ero.
Morale della favola?
Se nasci cazzuta avrai vita dura. Le donne come me non sono
affatto il sesso debole. Le donne come me rimangono sulla loro posizione a
costo di morire e porcaputtana,
meglio una bara che i compromessi, meglio la morte che una vita passata a
nascondere, assecondare o perdonare le
cazzate degli altri. Io lo dico
sempre, piuttosto di abdicare da me io mi faccio trafiggere da una croce.
Al rogo le streghe, se mi bruciate, almeno avrete la
sicurezza che sparirò per sempre.
una storia così non può non finire con: "...e visse sempre in pareo e bikini, al caldo, felice e contenta" :)
RispondiCara Ivana,
che bello leggere un tuo commento. In effetti il mio desiderio è quello di vivere felice e contenta al caldo.
Ti ho pensato molto in questo periodo e ho riflettuto tanto, come sempre Blue non stacca mai il cervello e cerca sempre nuovi spunti.
Ho cercato di guardare la mia vita da fuori per un attimo e ho cercato di ripercorrere quello che ha fatto quella bambina con tanti sogni nel cassetto. Ho visto una bambina piena di grinta e ho cercato di analizzarla dalla A alla Z. Ne è risultato che quella bimba cazzotta ora è una adulta felice di essere ciò che voleva essere, si certo di cose ne sono successe tante dal tempo in cui mangiavo pannocchie ma sono contenta così. Ogni esperienza ti insegna a diventare grande.
ti voglio bene mia dolce e cara amica
con affetto Blue
Grazie Blue, auguro a mia figlia di essere una bambina difficile e diventare una donna difficile perche' la felicita' si guadagna non si eredita, non si compra, non si ruba ma si conquista. E io spero che mia figlia possa essere molto felice.
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