domenica 24 novembre 2013

Per fortuna che le bambine difficile diventano donne difficili


Sono nata in un piccolo paesino della bassa mantovana lungo il cammino Matildico. Sono stata battezzata nel complesso Polironiano disegnato da Giulio Romano, ho giocato tra le colonne di Palazzo Te e mi sono rifugiata nella Sala di Amore e Psiche quando volevo sorridere delle scene erotiche che raccontavano le avventure della favola di Apuleio. Sono nata in un piccolo ospedale di periferia, mentre a Bologna c’erano le lotte studentesche e Deleuze teneva conferenze al Dams. Mi ha tirato fuori dalla pancia della mia giovane mamma (aveva compiuto da due mesi quindici anni) un medico bellissimo di colore, tale Lalanne, che incontrai vent’anni dopo durante una visita ginecologica. Sono sempre stata una bambina solitaria, amavo andare in bicicletta sugli argini e rifugiarmi nelle case abbandonate ai bordi dei fiumi. Mi rinchiudevo interi pomeriggi nei miei pensieri scrutando le fronde degli alberi che venivano accarezzate dal vento. Rubavo i fichi e le more, andavo a caccia di cachi e mangiavo pannocchie. Mi facevo la doccia sotto il getto che innaffiava i campi e bevevo l’acqua dalle fontane dei paeselli che attraversavo con la mia due ruote. Avevo otto anni la prima volta che scrissi i miei desideri su un foglio e otto e mezzo quando capii cosa volevo dalla vita e cosa avrei fatto da grande. Su quel foglietto, ancora custodito nella mia scatola dei ricordi, scrissi che sarei stata una donna felice, che avrei girato il mondo occupandomi d’arte e di cucina e che mai e poi mai avrei permesso a qualcuno di farmi del male. Su quella carta ormai ingiallita, decisi di scrivere il mio futuro, visualizzando il mio domani. Era un impegno che prendevo con me stessa, fuori dalla sofferenza della separazione dei miei genitori, dall’allontanamento di mia sorella e dalla crisi esistenziale che mi si era presentata così presto.


Ero una bambina difficile.
Una bambina con i capelli ricci e gli occhiali rossi sul naso. Ero un genio a scuola, i libri erano l’unica cosa che mi dava serenità, il fatto di rinchiudersi dentro a una storia mi faceva respirare, mi sentivo a casa in ogni favola che leggevo, mi immedesimavo in principesse e mi lanciavo dai ponti senza farmi male. I libri sono stata la mia salvezza e ancora lo sono, con l’unica differenza che ora oltre a leggerli provo a scriverli. La mia vita è stata un accumulo di sofferenze unite a gioie inenarrabili, ricca di colpi di scena che, nel bene o nel male, mi hanno fatto arrivare fino a qui. Ma se devo dirla tutta le cose brutte, il mio cervello le ha accantonate in un cassetto e ha fatto in modo di dimenticarle per dare spazio a tutte quelle esperienze meravigliose che mi sono accadute sul sentiero della vita. Ero una bambina difficile, eccessivamente bella, quasi finta. Una bambina con gli occhi color ghiaccio nascosti dalle lenti spesse, una bambina con i capelli color carota e le tettine a punta. Una bambina troppo avanti per la sua età e troppo brava in tutto, a scuola, a casa, nei rapporti sociali e nella vita di famiglia. Una bambina decisamente al di sopra, che viveva nel suo mondo e lasciava tutto fuori, una bambina spettatrice di un naufragio ma salva perché lontano e sul molo.


Mi sono sempre sentita così, spettatrice della vita disastrosa degli altri e al di fuori dei deliri che le succedevano intorno. Vivevo in una sorta di campana di vetro, fatta di dipinti del Mantegna, colonne giuliesche e architetture leonbattistiane. Chiunque provasse a farmi del male trovava un muro impenetrabile, si scontrava contro la rigidità di una bambina già adulta e rimbalzava come sopra a un materasso. Sono sempre stata una bambina difficile perché la voglia di amare viveva in me ma non veniva espressa perché costretta a rimanere dentro a un corpicino pieno di ferite che cercavo di nascondere. Sono sempre stata una bambina difficile con le idee chiare, con lo sguardo saldo verso una direzione, con il percorso delineato e consapevole. Sono sempre stata una bambina che ascoltava musica brasiliana, sognava di vivere su una spiaggia e sperava di scrivere bagnandosi i piedi con l’acqua dell’oceano. Sono sempre stata una bambina che mangiava di nascosti i fichi dall’albero della nonna, che faceva le crostate di marmellata e si scaldava le manine con la stufa. Sono stata sempre una bambina coraggiosa, con gli occhi pieni di entusiasmo e la voglia di scappare da non so bene cosa, ma c’è sempre qualcosa o qualcuno da cui scappare, ma alla fine invece di scappare ho affrontato in faccia il nemico, ci ho sbattuto il naso e se ho poteto ho tirato fuori gli artigli e ho schiaffeggiato e anche tanto forte. Sono sempre stata una bambina senza paura, una di quelle piccole guerriere travestite da Cappuccetto Rosso, una di quelle piccine con la pistola nel cestino della frutta, una nanetta con gli occhi verdi ghiaccio dalla grinta interminabile, una bambina che sapeva ciò che voleva e sapeva già a otto anni che per avere qualcosa bisogna sudarselo, i sogni si inseguono ma ad un certo punto si fanno pure acchiappare. Sono stata una bambina dal carattere di ferro, stoica, rigida, snob per certi versi, ma cazzuta, e porca miseria quanto lo ero.

Morale della favola?
Se nasci cazzuta avrai vita dura. Le donne come me non sono affatto il sesso debole. Le donne come me rimangono sulla loro posizione a costo di morire e porcaputtana, meglio una bara che i compromessi, meglio la morte che una vita passata a nascondere, assecondare o perdonare le cazzate degli altri.  Io lo dico sempre, piuttosto di abdicare da me io mi faccio trafiggere da una croce.
Al rogo le streghe, se mi bruciate, almeno avrete la sicurezza che sparirò per sempre.


3 commenti:

  1. una storia così non può non finire con: "...e visse sempre in pareo e bikini, al caldo, felice e contenta" :)

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    1. Cara Ivana,

      che bello leggere un tuo commento. In effetti il mio desiderio è quello di vivere felice e contenta al caldo.
      Ti ho pensato molto in questo periodo e ho riflettuto tanto, come sempre Blue non stacca mai il cervello e cerca sempre nuovi spunti.
      Ho cercato di guardare la mia vita da fuori per un attimo e ho cercato di ripercorrere quello che ha fatto quella bambina con tanti sogni nel cassetto. Ho visto una bambina piena di grinta e ho cercato di analizzarla dalla A alla Z. Ne è risultato che quella bimba cazzotta ora è una adulta felice di essere ciò che voleva essere, si certo di cose ne sono successe tante dal tempo in cui mangiavo pannocchie ma sono contenta così. Ogni esperienza ti insegna a diventare grande.
      ti voglio bene mia dolce e cara amica
      con affetto Blue

  2. Grazie Blue, auguro a mia figlia di essere una bambina difficile e diventare una donna difficile perche' la felicita' si guadagna non si eredita, non si compra, non si ruba ma si conquista. E io spero che mia figlia possa essere molto felice.

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