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domenica 24 novembre 2013

Per fortuna che le bambine difficile diventano donne difficili


Sono nata in un piccolo paesino della bassa mantovana lungo il cammino Matildico. Sono stata battezzata nel complesso Polironiano disegnato da Giulio Romano, ho giocato tra le colonne di Palazzo Te e mi sono rifugiata nella Sala di Amore e Psiche quando volevo sorridere delle scene erotiche che raccontavano le avventure della favola di Apuleio. Sono nata in un piccolo ospedale di periferia, mentre a Bologna c’erano le lotte studentesche e Deleuze teneva conferenze al Dams. Mi ha tirato fuori dalla pancia della mia giovane mamma (aveva compiuto da due mesi quindici anni) un medico bellissimo di colore, tale Lalanne, che incontrai vent’anni dopo durante una visita ginecologica. Sono sempre stata una bambina solitaria, amavo andare in bicicletta sugli argini e rifugiarmi nelle case abbandonate ai bordi dei fiumi. Mi rinchiudevo interi pomeriggi nei miei pensieri scrutando le fronde degli alberi che venivano accarezzate dal vento. Rubavo i fichi e le more, andavo a caccia di cachi e mangiavo pannocchie. Mi facevo la doccia sotto il getto che innaffiava i campi e bevevo l’acqua dalle fontane dei paeselli che attraversavo con la mia due ruote. Avevo otto anni la prima volta che scrissi i miei desideri su un foglio e otto e mezzo quando capii cosa volevo dalla vita e cosa avrei fatto da grande. Su quel foglietto, ancora custodito nella mia scatola dei ricordi, scrissi che sarei stata una donna felice, che avrei girato il mondo occupandomi d’arte e di cucina e che mai e poi mai avrei permesso a qualcuno di farmi del male. Su quella carta ormai ingiallita, decisi di scrivere il mio futuro, visualizzando il mio domani. Era un impegno che prendevo con me stessa, fuori dalla sofferenza della separazione dei miei genitori, dall’allontanamento di mia sorella e dalla crisi esistenziale che mi si era presentata così presto.

martedì 23 luglio 2013

Mantova, Palazzo Te e la favola di Amore e Psiche specchiata nel pavimento di Alfredo Pirri


Quando ci accostiamo a un’opera d’arte, senza altri interessi se non quello di sentirla il più intensamente possibile, oltrepassiamo i limiti di ciò che non possiamo sapere, i limiti della nostra ragione. Secondo Kant e i romantici, l’artista gioca liberamente con la sua facoltà conoscitiva e secondo Schiller, la sua attività è come un gioco ed è solo quando l’essere umano gioca che diviene libero perché è lui a creare le proprie leggi.
Palazzo Te
Giulio Romano ha giocato sempre, ma soprattutto lo ha fatto, creando  il palazzo del Te, la sfarzosa residenza di Federico Gonzaga, costruita tra il 1526 e il 1534 sostituendola a una scuderia. Un monumento singolare esente da limitazioni di carattere pratico e tecnico in quanto Giulio aveva a disposizione mezzi i economici elargiti dalla famiglia Gonzaga e la disponibilità da parte di Francesco che apprezzava la poliedricità Giuliesca di essere architetto, artista erede di Raffaello e consigliere sulle scelte della fastosa corte gonzaghesca. Una sede che non solo ha visto brillare una dinastia sotto il profilo architettonico e artistico ma che ha avuto grandi albe anche nella cucina dominata dalla personalità dello chef Bartolomeo Stefani che, nel XVII secolo, scrisse un importante trattato di cucina in cui faceva notare come gli alimenti non fossero mai “contro stagione”.

venerdì 15 giugno 2012

Beyond the earthquake

























Mi sono assentata volutamente dal mio blog.
Ho deciso di prendermi una pausa per osservare il mondo e per riflettere su ciò che mi stava intorno. Ho pensato che era meglio impormi il silenzio di alcuni giorni per capire cosa veramente volessi da questo momento della mia vita, ma soprattutto per dare una classifica alla scala dei valori e mettere sul podio le cose più importanti per creare il mio futuro. Stasera una domanda mi sorge spontanea. Cos’è il futuro? Nel lungo cammino della vita pensiamo continuamente al futuro credendo che questo sia lontano anni luce da noi, lo agogniamo non rendendoci conto che lui è già qui di fronte, ci aspetta e poi ci oltrepassa, ci guarda e poi ci prende in giro, ci urla e poi la sua voce diventa eco impalpabile e scompare negli angoli nascosti della memoria. Il futuro è tra noi, è il sogno di un lavoro perfetto, di un amore sospirato, di una famiglia felice. È la veloce sensazione che ci fa attendere ciò che pensavamo non arrivasse mai, è la rarefatta speranza che un giorno possa accadere qualcosa che cambi le sorti della tua esistenza, è una strana utopia che raggiungi in un attimo pensando che quell’attimo fosse lontano.

domenica 20 maggio 2012

Paralisi emotive e terremoti dell’anima.


Terremoti emotivi. Scosse emozionali. Sismi del cuore. Movimenti tellurici dell’anima. Stanotte la terra ha tremato. Si è mossa, spostata, agitata, incazzata, ha gridato con urlo potente la sua forza. Stanotte il pianeta ci ha fatto dondolare come su un’altalena, ma non è stato affatto divertente. Gli spostamenti dell’anima si sono allineati a quelli della terra. Oggi, 20 maggio 2012 ore 4.04, l’allineamento delle Pleiadi, con Sole e Terra (già predetto dal calendario Maya) ha fatto ondeggiare tutto, comprese le nostre emozioni. Le città maggiormente coinvolte sono state Bologna, Ferrara, Mantova e Modena con magnitudo 5.9. Saranno coincidenze, casualità o accidentalità, saranno combinazioni, circostanze o altro ma la verità è che in questi giorni mi sentivo come attraversata da un uragano, in preda a una tempesta imperfetta e nera dentro, a tal punto che la vista mi si è annebbiata dalla rabbia. L’energia del suolo mi ha trasmesso il suo scossone, il cielo il suo colore plumbeo e il clima un gelo diffuso dentro e fuori da ME. Si, lo confesso sono completamente in preda a una “paralisi emotiva” che non mi fa controllare ne parole ne gesta.  Sono posseduta da una “diavolica senzazione” che abbisogna di essere esorcizzata. Un gatto dentro che con il pelo dritto per l’incazzatura ha smosso la mia tranquillità e appannato il mio pensiero.

venerdì 30 dicembre 2011

Il Natale, il tortello mantovano e l’Era dell’Acquario.



  Il 2011 sta per chiudersi e ormai suona alle porte l’anno nuovo.
Un anno incredibile pieno di emozionanti avventure sta per andarsene lasciando posto al suo vicino. Cosa ci riserverà questo nuovo periodo, quali vicissitudini ci si presenteranno, quali trepidazioni vivremo, quanti amori conosceremo, quante pulsazioni faranno battere i nostri cuori. Il 2011 si lascia alle spalle un anno di lavoro intenso, una corsa contro il tempo, una manciata di ricordi indimenticabili e un esercito di pianti sul cuscino. Questo vecchio anno mette da parte le amicizie fasulle, le menzogne raccontate, i sorrisi finti, le mani bucate e perché no, anche la sofferenza degli amori perduti. Ogni volta che siamo in prossimità di questa data io penso che qualcosa possa cambiare ma la verità è che il cambiamento non debutta oggi, il rinnovamento è gia iniziato da un po’. Si sente nell’aria un odore mai sentito, una nota di canzone mai udita, si assapora una spezia mai gustata e si vedono opere d’arte mai conosciute. Prepariamoci è in arrivo l’Era dell’Acquario e non risparmierà nessuno.

venerdì 28 ottobre 2011

Regina di cuori_ La Capreccion


La Capreccion alias Giovanna Gavioli è nata a Quistello (Mantova) classe 78’ e bolognese d’adozione dal 1996. Da ragazzina, il suo sogno nel cassetto era quello di fare l’infermiera. Si iscrive perciò alla Magistrale nel 92’ ma dopo solo tre mesi di frequentazione si rende conto che la strada era più lunga del previsto e quindi, decide di lasciare i banchi per aiutare il padre imbianchino nell’azienda di famiglia. Ritirata da scuola a Febbraio indossa cappello, tutona bianca, si munisce di pennello e inizia a dare una mano al padre fino all’inizio del nuovo anno accademico. Passato questo periodo è di nuovo il momento di ricominciare a studiare. Sulla scia della sorella si iscrive all’Istituto Statale d’Arte dove rimane un anno, al termine dello stesso la bocciano dicendo ai genitori che Giovanna non aveva voglia di studiare, si applicava solo nelle materie pratiche riuscendo di gran lunga meglio degli altri, ma nella vita si sa, a volte bisogna anche leggere. Lei non ne aveva proprio voglia, voleva solo dipingere.

lunedì 1 agosto 2011

Vagina, amica mia dove sei? DORMI...?

«Siccome m'interrogavo spesso su quello che le donne pensano delle proprie vagine un giorno ho deciso di fare qualche intervista: una rivelazione. Un viaggio nell'inaspettato. Un'esplorazione scioccante dell'esistenza. 
Tutte le risposte mi sorprendevano. 
Così sono nati i " Monologhi della Vagina ". Ho intervistato più di duecento donne: vecchie, giovani, sposate, single, lesbiche, mamme, nonne, insegnanti, attrici, operaie, lavoratrici del sesso, afro-americane, ispaniche, asiatiche, caucasiche, musulmane della Bosnia, ebree...
All' inizio erano timide, esitanti. Poi però, una volta partite, era impossibile fermarle. Il fatto è che le donne adorano parlare della loro vagina».