È ufficiale. Il verbo restare
è stato sostituito dal verbo scappare.
Resto per far due chiacchere, per ascoltarti parlare, per starmene tranquillo.
Resto per guardarti, per ammirarti, per capire cosa mi attrae di te. Resto un
attimo, due o forse tutta la vita. Resto a pranzo, a prendere un caffè, a cena
e perché no, resto a colazione che significa ho dormito con te e sono inguaiato
dalla testa ai piedi e non posso più fare a meno di vederti in qualsiasi modo,
anche con la bavetta che ti scende sul cuscino. Resto perché in un mondo in corsa verso qualcosa che mi è ignoto,
ho capito che l’unico motivo valido per smettere di correre è il tuo viso e la
gioia che mi trasmette quando mi sei vicina. Resto perché non mi è mai capitato
di starmene a guardare una donna come guardo te, senza volerla cacciare a calci
da casa.
Resto? Ma che cavolo
sto facendo, non sono io. Non posso essere io, non esiste che mi sei entrata
dentro e che non riesco più a stare senza di te. E allora sai che faccio?
Mando a fanculo tutto e me ne scappo.
Scappo e non ti
voglio più parlare. Non voglio più sentire la tua voce, non voglio più uscire a
pranzo, a cena a fare qualsiasi cosa che abbia a che fare con te. Scappo perché
rompi i miei equilibri da maschio Alfa a caccia perenne di una donna che non
sia tale, ma sia una scendiletto passeggera che la notte dopo una mediocre
scopata mi vede scappare silenziosamente dalla sua alcova. Scappo perché non sono pronto per essere dipendente da una sola
vagina che odora di rosa maggiolina, che mi sembra sia diversa da tutte le
altre, che mi tiene li come un deficiente. Scappo perché non sono fatto per
essere monopolizzato da un pensiero fisso, scappo perché per me, uomo basico,
il restare è un legame troppo stretto
al quale non sono preparato. Scappo perché è più facile e tutti lo sanno, a me,
le cose complicate non piacciono. Si, perché tu sei complicata e pretenziosa.
Lo sei in tutto. Complicata nella bellezza glaciale del tuo viso, nella falsa
morbidezza del tuo corpo e nell’estrema acutezza del tuo cervello. Sei
complicata dal dito mignolo al capello bianco che ti spunta maledettamente dalla
chioma folta e incredibilmente morbida. Sei complicata perché sai parlare
d’arte e di filosofia, perché la cucina è la tua passione, perché sai chi è
Mantegna e pure Banksy, Kounellis, Zorio e che cavolo conosci pure quell’artista
sconosciuto che ora mi sfugge ma che a te non sfugge mai. Sei complicata perché
se ti dico Perù, mi sai fare un monologo sulla sua biodiversità, se ti parlo di
Los Angeles mi fai una conferenza sulla sua storia, se accenno a Berlino mi
cominci a tirar fuori tutte le giovani gallerie italiane che hanno impiantato
li la sede con successo.
Ma insomma te ne vuoi stare un pò zitta e fare come tutte le altre.
Startene buona, far finta di non capire un cazzo, assecondarmi e farmi credere
di essere più colto di te e darmi l’impressione di essere un maschio invece di
massacrarmi sulla mia incapacità di essere fisicamente generoso e alquanto
maldestro nell’avvicinarmi al tuo organo sessuale! Vuoi per un attimo smetterla
di essere così eccessivamente fantastica da farmi sentire un imbecille patentato.
Vuoi provare ad avere il cervello da gallina e l’istinto sessuale di una
pornostar, a noi maschietti piacciono quelle donne li, stupide, belle e
inutili.
Non resto, me ne scappo da te.
Sei una donna troppo evoluta ed io, ahimè, sono un uomo.
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