Di risparmiarmi in fatto di Gola non se ne
parla. Di smettere di pensare e, ahimè, in quest’ultimo periodo, ribadisco solo
pensare, al peccato che più mi si addice, la Lussuria, non ne ho la minima
intenzione.
Santa pazienza e santa Blue che
abbandonata la religione da ormai vent’anni si è data a pratiche peccaminose
come l’atto del mangiare e quello del pensare sensualmente che ci sia un
rapporto stretto tra cucina e sesso (e poi vedremo arte) e che ogni volta che
introduciamo un alimento all’interno del nostro corpo questi ha un riflesso
sulla nostra sessualità, ma non è finita qui. A mio avviso anche l’atto del
guardare implica una sottomissione al peccato. Si, perché se c’è gusto nel
portare alla bocca una carota sbucciata, nell’immaginarla mentre la
introduciamo lentamente nella cavità orale, per poi succhiarla, assaporarla e
in fine morsicarla avidamente pensando non solo alla proprietà benefiche e
vitaminiche che ha questa splendida verdurina, ma pure al simbolo fallico che
stimola la nostra fantasia, allora esiste un peccato primordiale che anticipa
gli altri sopra citati. È la vista.