Quando ci
accostiamo a un’opera d’arte, senza altri interessi se non quello di sentirla il più intensamente possibile,
oltrepassiamo i limiti di ciò che non possiamo sapere, i limiti della nostra ragione. Secondo Kant e i romantici,
l’artista gioca liberamente con la sua facoltà conoscitiva e secondo Schiller, la
sua attività è come un gioco ed è solo quando l’essere umano gioca che diviene
libero perché è lui a creare le proprie leggi.
Palazzo Te |
Giulio Romano ha
giocato sempre, ma soprattutto lo ha fatto, creando il palazzo del Te, la sfarzosa residenza di
Federico Gonzaga, costruita tra il 1526 e il 1534 sostituendola a una scuderia.
Un monumento singolare esente da limitazioni di carattere pratico e tecnico in
quanto Giulio aveva a disposizione mezzi i economici elargiti dalla famiglia
Gonzaga e la disponibilità da parte di Francesco che apprezzava la poliedricità
Giuliesca di essere architetto, artista erede di Raffaello e consigliere sulle
scelte della fastosa corte gonzaghesca. Una sede che non solo ha visto brillare
una dinastia sotto il profilo architettonico e artistico ma che ha avuto grandi
albe anche nella cucina dominata dalla personalità dello chef Bartolomeo
Stefani che, nel XVII secolo, scrisse un importante trattato di cucina in cui
faceva notare come gli alimenti non fossero mai “contro stagione”.